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“La grande abbuffata”, un film di Marco Ferreri. 1973.

12/02/2010

Philippe, Ugo, Marcello e Michele sono quattro amici che condividono lo stesso gusto per la buona tavola e di tanto in tanto si riuniscono per far baldoria. “Ma questa volta è diverso”, avverte Ugo ristoratore che ha portato con sé la sua serie di coltelli da cucina. Naturalmente, i loro parenti sono piuttosto scettico circa le loro vere intenzioni di questo weekend, ma li lasciano andare. Dopo aversi congedati dalle loro famiglie rispettive, i quattro individui si recano poi in una vecchia casa di famiglia appartenente a Filippo, un giudice di professione.

A poco a poco è svelato il loro progetto funesto. Intendono abbandonarsi ai piaceri dei sensi … fin’alla morte. Purea di marroni, galletti, quaglie, ostriche, tutto ciò che fa per riempire i loro stomachi. Ma ben presto si sentono soli. Marcello quindi, Pilota di linea, invita qualche donna facile per tenere loro compagnia. Andrea, un’insegnante di scuola primaria, partecipa anche lei alla festa. Essa rimarrà con loro proprio fino alla fine. Mentre le puttane andranno via, disgustate di tanto vizio!

Marco Ferreri ha riunito i suoi attori preferiti per fare un film “di amici”. Un film in cui gli attori tengono il loro nome. Un film caratterizzato da fisiologo dal regista che spiega che l’idea del film è venuto in mente dopo aver condiviso alcuni pasti con i protagonisti della pellicola.

Ognuno dei personaggi ha delle caratteristiche infantili. In questo caso, tutti e tre vanno regredire e tornare al mondo della madre che non hanno mai lasciato. Filippo, per esempio, viva ancora con la sua balia e non è stato ancora svezzato. Michele pratica la danza in tutù. Ugo è sposato con una donna castrante. Infine Marcello non può fare a meno di divertirsi come un ragazzino.
Questo film ha provocato uno scandalo a Cannes. Ferreri ha soltanto cercato di fare un film spinto ma non una provocazione. Se il pubblico non sopporta di guardarsi nello specchio, non è colpa sua. Ha semplicemente voluto fare una critica della società moderna, che è allo stesso tempo realistica e onirica.

Rimane una domanda sola: perché diavolo vogliono suicidarsi? Forse la risposta è nella tirata di Michele “Vanitas vanitatis”. Vogliono sfuggire di questo mondo vano.